Gira la giostra (e io pago).

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Nel mio tentativo di “disintossicazione” dal calcio e dal Napoli (per il momento solo iniziale, visto che ieri sera me so ncazzat) mi sto sempre più rendendo conto di come il fenomeno sociale calcio vada oltre l’evento sportivo e sia sempre più una valvola di sfogo per tanti. Ci sono i tifosi “violenti” che vanno allo stadio solo per avere colluttazioni con gli avversari oppure inveire pesantemente con cori razzisti e discriminatori. Ci sono tifosi che non accettano opinioni diverse e considerano ridicole le idee altrui. Ci sono tifosi che si scagliano contro tifosi della loro stessa squadra solo perché la pensano diversamente. Quindi molti vedono il calcio come uno sfogo violento (fisico o psicologico) in cui canalizzare quella parte di se stessi che atavicamente richiama la violenza. Questo fenomeno è fortemente amplificato dai “social” che permettono contatti molteplici tra soggetti (mentre una volta c’era solo il bar sport o magari l’ufficio). Sto vedendo contrasti violenti tra persone che conosco come perbene e riscontro accanimenti che vanno oltre le logiche comportamentali. Ovviamente se la propria squadra non va molto bene il fenomeno si amplifica. Se poi consideriamo il mondo del calcio in modo asettico cosa riscontriamo? Vediamo che chi ne fa parte tende a guadagnarci (vi girano troppi miliardi di euro). I calciatori prendono emolumenti significativi, i presidenti si arricchiscono, i manager e procuratori sono ricchissimi, i giornalisti sportivi (e gli opinionisti) fanno trasmissioni o scrivono articoli e pure guadagnano tanto (che farebbero questi ultimi senza il calcio?). Alla fine il “circo” fa il suo spettacolo (uno spettacolo spesso già scritto prima) ed il parco buoi (i tifosi) paga il prezzo ricevendo in cambio non solo lo spettacolo (partite, trasmissioni, giornali) ma anche quella “adrenalina “ da combattimento che gli consente di poter attaccare gli altri per far prevalere il proprio pensiero… alla fine “‘na droga”.
Lontano da ciò che ho espresso ed in cui credo, ecco perché sto tentando di liberarmi. Non voglio far parte di questo circo, non voglio attaccare o essere attaccato (almeno non pe’ ‘sti strunzat). Voglio vivere lo sport per quello che è , magari praticandolo (così mi sfogo meglio che litigando con altre persone). Insomma devo tentare di uscire dal giogo. Non voglio alimentare più, economicamente e con risorse mentali, questo sistema malato.
La prima cosa da fare è ammettere di avere una dipendenza, riconoscere in che circolo vizioso si è entrati. Signori io sono un “calcioalcolista” ma ne voglio uscire…

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